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Viaggio italiano è il mio progetto fotografico personale.

È un progetto a cui inconsapevolmente lavoro da anni, con la stratificazione del materiale fotografico che ho prodotto nel tempo, con la formazione a cui mi dedico con continuità e con gioia, con la crescente consapevolezza del (mio) fotografare.

Perché ormai ho deciso che non sono un fotografo. Sono un fotografo paesaggista. E, se proprio devo esagerare, il mio soggetto è il paesaggio antropizzato. O meglio: il paesaggio dove il segno dell’attività umana è esplicito.

Ovviamente non sono il primo, né sarò l’ultimo ad occuparsi di paesaggio, nemmeno nel senso più restrittivo di cui sopra. E se non sono il primo, ritengo almeno doveroso affermare apertamente quali siano le mie ispirazioni. Per cui Viaggio italiano si dichiara già dal nome apertamente debitore di Luigi Ghirri con i suoi Paesaggio Italiano e Viaggio in Italia. Ma non posso evitare di citare anche Gabriele Basilico e Walker Evans come autori che continuano ad essere un punto di riferimento per il mio agire e pensare fotografico. E pure il simpatico giocoliere Michele Smargiassi che quasi una mattina sì e una no si fa leggere sul suo blog.

In secondo luogo il binomio viaggio e italiano. La categoria del viaggio, come spazio non-luogo, entità necessariamente non più e non ancora, tempo sospeso. E italiano in quanto carattere biografico, storicamente e localmente determinato. Sono nato a Torino nel 1970, ci ho vissuto i miei primi quaranta anni, vivo a Livorno e giro la Toscana per lavoro. Nel guardare il mio nuovo paesaggio, anche quando giro per le colline del Chianti e del Volterrano, la Costa degli Etruschi e le spiagge elbane, non smetto di ricordare il mio imprinting da Pianura Padana. E quando torno nei luoghi dove sono cresciuto li osservo anche con uno sguardo toscano.

In ultimo Viaggio italiano è il viaggio di un italiano. Quindi è dichiaratamente parziale (nell’accezione di incompleto e di parte) e apertamente soggettivo.